"Bolong", braccio di mare e mangrovie vicino a Oussouye. Foto di Ilaria Suzzi

 

 

 

La progettualità insita in questa ricerca non poteva prescindere dalle tematiche legate alle trasformazioni dovute, sia a livello continentale che locale, al cambiamento climatico globale. Inserire programmi a lungo termine nelle progettualità contingenti significa pensare al futuro delle prossime generazioni e alle sfide che dovranno affrontare nei prossimi decenni.

 

 

 Risaie vicino all'acqua salata lasciate al bestiame dopo il raccolto, Edioungou, Casamance. Foto di Ilaria Suzzi

 

Elemento non secondario di questo progetto è quello di far fronte agli squilibri che il cambiamento climatico globale sta comportando per l’ecosistema della Casamance. Negli ultimi decenni si sono verificati due fenomeni concomitanti: la riduzione del livello delle precipitazioni (anche se gli ultimi anni sembrano, fortunatamente invertire la tendenza) ed un innalzamento del livello del mare con relativa salinizzazione delle falde idriche e dei terreni. Dal 1988 A.S.D.I. è già intervenuta con il programma del Programma Alimentare Mondiale P.A.M. (O.N.U.) delle dighe antisale per preservare e le risaie produttive e bonificare quelle compromesse dall’eccessiva salinità dell’acqua.

 

Foresta bolong Koumebel, tavola da Pélissier, P., Les paysans du Sénégal. Les civilisations agraires du Cayor à la Casamance, 1966.

 

Sia la stessa Farmacopea Tradizionale Senegalese, sia le indicazioni della moderna ricerca botanica (compresi i ricercatori del P.A.M.) segnalano specie vegetali aromatiche di notevole interesse che si adattano ai terreni ad elevata salinità. Troviamo erbe, arbusti e anche alberi ad alto fusto che, oltre a fornire prodotti di elevata qualità, contribuiscono, purificando ed arricchendo gli humus dei terreni, alla desalinizzazione delle aree compromesse e la tutela di quelle a rischio. Mediante sistemi di siepi e riforestazioni mirate è possibile integrare protezione dei terreni, riforestazione e rivalorizzazione delle aree improduttive e la produzione di oli essenziali di altissima qualità, da piante spontanee, in ambiente privo di agenti inquinanti di qualsiasi tipo, distillate pazientemente a regola d’arte.

Lo scopo del progetto è di rispondere alle esigenze locali e regionali, mettendo a disposizione della popolazione prodotti del territorio, coerentemente con le linee guida dell'ONU sul "consumare locale". In questo contesto il sale stesso può divenire un fattore economico integrativo.

 

 

Orti di villaggio gestiti da un collettivo femminile di una ONG locale, Niambalang, foto Emilio Navarino, 2004.

 

Oltre alla protezione della fascia di foresta di mangrovie, che fortunatamente si sta provvedendo a riforestare, esistono moltissime piante annuali, arbusti e alberi che si adattano megli di altri all'elevata salinità e nello stesso tempo possono integrare l'economia territoriale che si basa principalmente sul riso e gli altri prodotti agricoli tradizionali.

Tea tree, Melaleuca leucadendron e cajeputi, Eucaliptus camaldulensis, ma anche le Vetiveria nigritana e zinzanoides, sono solo alcune delle specie vegetali con cui contribuire al riequilibrio dei sali nei terreni oltre che alla riforestazione delle aree degradate. Molto significativa l'esperienza di Tony Cisse a Sebikotane, sempre in Senegal. Queste azioni fanno parte di un processo che comporta, tra l’altro, l’arricchimento dei terreni con le ceneri da combustione delle masse vegetali distillate (combustibile rinnovabile pulito per il processo di estrazione degli oli essenziali) da cui attraverso lisciviazione e calcinazione, secondo i metodi spagirici e biodinamici, è possibile concentrare i sali minerali necessari per una corretta composizione dello strato organico del terreno. Si cerca di operare fancendo in modo di rispettare, anzi di rigenerare tutti i suoli sottoposti a cultura, ritornando ai terreni quello che ci donano.